Il comparto agricolo italiano, già gravato da numerose calamità naturali che lo hanno messo in ginocchio e dal recente blocco degli autotrasportatori, sta per subire un’ulteriore stangata che potrebbe portare alla chiusura di un’impresa agricola su tre.

l’Imu per i fabbricati rurali e l’aumento degli estimi catastali per i terreni agricoli, previsti dalla manovra del Governo Monti, metterebbero seriamente a rischio la stragrande maggioranza delle attività produttive nelle campagne italiane.

«Si tratta di imposte certamente eccessive per il comparto, caratterizzato, per la maggior parte, da imprese piccole e a conduzione familiare – sostiene Michele Zannini, Presidente nazionale di Acli Terra – che già sono oppresse da oneri burocratici e previdenziali decisamente insostenibili.

Il rischio è che, con la tassazione, di fatto, di quelli che sono mezzi di produzione, come terreni agricoli, fabbricati rurali, stalle e fienili, cascine e capannoni, si consegua inevitabilmente la chiusura di molte aziende e cooperative e la perdita di centinaia di posti di lavoro con effetti pesanti sull’intero settore di vitale importanza.

Chiediamo al Governo di rimodulare l’Imposta Municipale Unica sui beni rurali, innanzitutto con l’applicazione di un’aliquota decisamente più bassa per le imprese agricole e le fattorie rurali.

Ancora più urgente è l’assoluta cancellazione dell’imposta per le pertinenze produttive, applicando una distinzione tra le rendite fondiarie e tutti gli immobili necessari alla produzione.

Infine, la nostra Associazione chiede che i “ruderi”, ovvero quei fabbricati rurali non utilizzati, tantissimi in Italia, non vengano classificati né come beni abitativi (per evitare l’applicazione della relativa aliquota IMU), né come immobili per strumenti produttivi, in quanto sarebbero destinati all’abbattimento, comportando costi elevatissimi e un danno enorme al patrimonio storico e immobiliare del Paese.»