L’olivicoltura italiana sta attraversando una fase di profonda evoluzione, spinta da un lato dalla ripresa produttiva e dall’altro dalla consapevolezza che il futuro del settore passa dalla valorizzazione della biodiversità. Le stime per la campagna 2025-2026 indicano un aumento di circa il 30% nella produzione nazionale di olio extravergine, trainato dal Mezzogiorno e in particolare da Puglia e Calabria, regioni che hanno beneficiato di un andamento climatico più equilibrato e di una crescente attenzione alla gestione degli oliveti. In parallelo, l’introduzione dell’obbligo di registrare i movimenti delle olive entro sei ore rappresenta una misura importante per rafforzare la tracciabilità e la tutela del vero olio italiano, garantendo maggiore trasparenza lungo l’intera filiera.
Ma se la quantità cresce, il vero valore aggiunto del futuro olivicolo italiano risiede nella qualità e nella diversità genetica. Con oltre 700 cultivar riconosciute, l’Italia detiene il più ampio patrimonio olivicolo del mondo, una ricchezza che però resta in gran parte sottoutilizzata. Le varietà cosiddette “minori”, spesso legate a specifici areali, custodiscono un potenziale enorme in termini di identità territoriale, resistenza ai cambiamenti climatici e unicità sensoriale. Riscoprirle e valorizzarle significa non solo preservare la memoria agronomica del Paese, ma anche costruire un vantaggio competitivo nel mercato globale, dove il concetto di origine e autenticità è sempre più determinante.
In questo quadro, la Calabria si conferma una delle regioni simbolo della biodiversità olivicola italiana. Accanto a cultivar note come Carolea e Ottobratica, resistono e si stanno riscoprendo varietà straordinarie come Pennulara, Grossa di Gerace, Sinopolese o Tonda di Filogaso e altre capaci di generare oli di altissimo pregio. Tuttavia, la Calabria rappresenta anche un paradigma più ampio: un territorio con un potenziale genetico e culturale ancora in gran parte inesplorato, come accade in molti altri areali italiani, dal Trentino alla Sicilia. È una fonte viva di biodiversità ancora in cerca di piena espressione, che attende di essere valorizzata con competenza, ricerca e visione.
Un esempio virtuoso di questo approccio arriva dal Nord Italia, e in particolare dalla Lombardia, dove l’Azienda Agricola Videlle Bionatura sta portando avanti un lavoro prezioso sulla Casaliva e sul Grignan, due varietà simbolo del Garda e delle colline bresciane. Attraverso un modello di gestione biologica e sostenibile, l’azienda sta contribuendo a riscoprire le potenzialità di queste cultivar tradizionali, adattandole alle esigenze della moderna olivicoltura lombarda. Le prove agronomiche e di trasformazione condotte sulle due varietà dimostrano che, anche in un contesto settentrionale, la qualità può nascere dall’equilibrio tra innovazione e rispetto delle origini. Il progetto di Videlle Bionatura, basato su pratiche a basso impatto ambientale, tracciabilità e valorizzazione del territorio gardesano, è un esempio di come l’ammodernamento non debba significare omologazione, ma anzi possa esaltare la diversità.
Dalla Calabria alla Lombardia, passando per tutti gli areali olivicoli italiani, emerge un messaggio comune: la biodiversità è la vera infrastruttura del futuro dell’olivicoltura. Il nuovo Piano Olivicolo Nazionale dovrà dunque promuovere non solo la produttività e la meccanizzazione, ma anche la tutela e la valorizzazione delle varietà autoctone, sostenendo progetti di ricerca, conservazione genetica, innovazione sostenibile e marketing territoriale. Serviranno incentivi mirati, programmi formativi, e un forte legame tra imprese, istituzioni e comunità locali per rendere questa visione concreta.
Le conclusioni sono semplici e condivise da ogni areale olivicolo del Paese: per affrontare il futuro, l’olivicoltura italiana deve saper innovare senza rinunciare alle proprie radici, tutelare la biodiversità come patrimonio strategico e trasformare la tradizione in una leva di competitività. Solo così l’Italia potrà continuare a essere non solo una potenza produttiva, ma soprattutto una culla di eccellenza, cultura e autenticità nel mondo dell’olio.
Dott. Agr. Thomas Vatrano
Corrispondente dell’Accademia dell’Olivo e dell’Olio di Spoleto