Alla Fao si sono tenuti i lavori del summit straordinario convocato per lanciare uno speciale programma di aiuti necessari ad affrontare, almeno in via immediata, la grave crisi nel Corno d’Africa, particolarmente colpito dalla siccità e dalla carestia.

Il popolo somalo, già afflitto dalla povertà, sta affrontando “una situazione catastrofica che esige un aiuto massiccio e urgente”, come affermato dal Direttore generale della Fao, Jacques Diouf; sono necessari, infatti, almeno 1,6 miliardi di dollari e almeno 300 milioni nei prossimi due mesi per evitare che la carestia si diffonda anche nelle altre regioni somale.

A commento delle dichiarazioni sul summit, Michele Zannini, Presidente nazionale di Acli Terra, ha espresso una forte preoccupazione per una situazione gravissima, causata principalmente dalla mancanza di sviluppo agricolo nei paesi del terzo mondo.

Al dramma della Somalia concorre il fenomeno ormai imperante, a livello mondiale, della volatilità dei prezzi, generato dalla speculazione finanziaria sui valori di mercato dei carburanti e dei generi alimentari, nonché dagli effetti dei cambiamenti climatici.

La questione del cibo, di primaria importanza per gli equilibri globali, sempre più si intreccia con quella della guerra civile che dura, in Somalia, da oltre un ventennio.

«È necessaria – per Acli Terra – un’azione coordinata, da parte delle Nazioni Unite, per garantire una risposta urgente alla carestia, con aiuti immediati e, nondimeno, finalizzati ad un sostegno a lungo termine.

Gli interventi di emergenza, infatti, possono essere utili per affrontare aspetti particolarmente acuti della crisi, ma non risolvono i problemi strutturali e rischiano addirittura di indebolire ulteriormente l’autonomia alimentare dei Paesi che ne beneficiano.

Bisogna intervenire anche nell’ottica di promuovere una maggiore produttività agricola dei Paesi più poveri, come la Somalia, mediante investimenti in infrastrutture rurali, sistemi di irrigazione, trasporti, organizzazione dei mercati locali, formazione e diffusione di tecniche agricole e di stoccaggio e contrastando, nell’immediato, la pratica “neocoloniale” del land grabbing.»